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Il paradosso dell’AI: ti fa programmare senza saperlo, ma serve un umano per finire il lavoro

Aggiornamento: 4 giorni fa

Negli ultimi mesi, scorrendo i profili LinkedIn di sviluppatori e consulenti tech, è spuntata una nuova professionalità con un nome che incuriosisce: Vibe Code Clean Up Specialist.

Un titolo che sembra quasi ironico, ma che in realtà descrive un fenomeno molto concreto: la nascita di chi si occupa di ripulire, sistemare e finalizzare il codice generato dalle intelligenze artificiali.


Quando chiunque può “scrivere codice”

L’avvento dei modelli linguistici di nuova generazione (LLM) e di piattaforme come Lovable, Windsurf, Claude Code e simili ha democratizzato la creazione software. Oggi, un imprenditore, un designer o uno studente senza alcuna competenza di programmazione può chiedere a un’AI: “fammi un’app che fa questo e quello” e ottenere in pochi minuti un prototipo funzionante.

È un cambio di paradigma enorme:

  • Prima servivano mesi di studio per scrivere codice.

  • Oggi basta saper formulare una richiesta chiara.

Il problema? Questa “magia” funziona fino a un certo punto.



Dove l’AI si inceppa

Chi ha provato a spingersi un po’ oltre lo sa bene:

  • l’AI genera codice funzionante nelle prime iterazioni,

  • ma basta un minimo di complessità perché il progetto si spezzi in bug, errori logici o incompatibilità.


Un LLM, per quanto potente, non ha la consapevolezza di un programmatore umano: non “capisce” davvero cosa sta costruendo, ma predice pezzi di codice plausibili. Il risultato? Applicazioni che partono bene ma che, a metà strada, si incagliano. Ed è proprio qui che nasce l’esigenza di un nuovo lavoro: chi rimette insieme i cocci del codice generato dall’AI.


La figura del Clean Up Specialist

Il Vibe Code Clean Up Specialist non è un titolo di fantasia: sempre più sviluppatori offrono questo servizio. Il loro ruolo è:

  • Ripulire codice sporco o ridondante generato dall’AI.

  • Correggere bug e incoerenze che l’utente non sa risolvere.

  • Portare a termine progetti che, da soli, i tool AI non riescono a chiudere.


In pratica, se l’AI ha abbattuto la barriera di ingresso per creare software, ha creato allo stesso tempo una nuova dipendenza: servono professionisti che completino ciò che l’AI non riesce a finire.

Ecco il paradosso: l’AI toglie lavoro, ma allo stesso tempo ne genera di nuovo.


E domani? Il boom della sicurezza

Se oggi vediamo nascere il Clean Up Specialist, domani con grande probabilità assisteremo a un’esplosione ancora più importante: quella delle aziende che fanno sicurezza del codice AI-generated.

Perché? Per un motivo semplice e inquietante:

  • se milioni di righe di codice verranno generate da AI,

  • e se l’AI ha bias o preconcetti,

  • allora rischiamo di introdurre falle di sicurezza su larga scala.

Chi si occuperà di intercettare vulnerabilità, auditare il codice e prevenire exploit non sarà più un semplice “cybersecurity expert”, ma uno specialista in sicurezza AI-driven, una professione che oggi ancora non esiste del tutto, ma che presto diventerà indispensabile.


Non sostituzione, ma ibridazione

Molti temono che l’AI sostituirà gli sviluppatori. La realtà, almeno per ora, sembra più sfumata:

  • l’AI non elimina il lavoro umano, ma lo sposta e lo reinventa;

  • nascono nuove nicchie professionali ibride, che uniscono creatività, problem solving e conoscenza tecnica;

  • i programmatori diventano sempre più “orchestratori” e “correttori” del lavoro AI.

In fondo, siamo davanti a un nuovo ecosistema in evoluzione. Non è più solo la contrapposizione uomo vs macchina, ma una collaborazione asimmetrica: l’AI accelera, l’umano rifinisce.


Il paradosso è dunque servito: oggi l’AI ti fa programmare senza saperlo, ma senza un umano che metta ordine, il progetto rischia di rimanere incompiuto. Il Clean Up Specialist è solo la prima risposta a questo scenario, ma non sarà l’ultima. Domani vedremo figure ancora più specializzate, soprattutto in ambito sicurezza. E allora la domanda da porsi non è: “l’AI ruberà il mio lavoro?” Ma piuttosto: “quali nuovi lavori nasceranno grazie (o a causa) dell’AI?”


 
 
 

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